Come afferma Michel Onfray, «La storiografia rientra nel campo dell'arte della guerra. [...] come affrontare il combattimento, misurare i rapporti di forza, mettere a punto una strategia e una tattica adeguata, gestire le informazioni, tacere, passare sotto silenzio, sottolineare l'evidenza, fingere, e tutto ciò che implica scontri per poter determinare vincitore e vinto? [...] la storiografia della filosofia non sfugge a questa legge».
In questo senso la storiografia della filosofia occidentale è dominata dall'idealismo filosofico ed è quindi una storia delle idee scritta dai vincitori dell'antico duello tra materialismo ed idealismo. Una storiografia che ha per obiettivo l'esaltazione e la celebrazione delle idee dominanti. «Le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti; cioè la classe che è la potenza materiale dominante della società è in pari tempo la sua potenza spirituale dominante», secondo Marx. Una storia delle idee, dunque, tesa ad accreditare le visioni idealistiche del mondo succedutesi nei secoli; idee, pur nelle diverse sfumature, che consentono «di giustificare il mondo così come è, e di invitare a distogliersi da quaggiù, dalla vita, da questo mondo, dalla materia del reale» (Michel Onfray).
Non stupisce allora che l'idea di felicità legata all'esistenza per così dire terrena dell'uomo e i sistemi filosofici ad essa relativi siano stati, dalla storiografia della filosofia dominante, criticati, attaccati, demonizzati, derisi, quando non del tutto oscurati e lasciati scientemente al triste destino dell'oblio.
Il riprendere un discorso sulla felicità non può prescindere, pertanto, da un'operazione di ricostruzione storiografica tesa a valorizzare, per così dire, le idee dei vinti, ovvero quanti nella storia del pensiero umano si sono schierati contro «l'odio del corpo, l'eccellenza della morte, l'odio dei desideri, dei piaceri, delle passioni, della libido, della vita», per dirla ancora con Onfray. Valorizzare, in sintesi, le idee di quanti hanno posto la felicità quale obiettivo massimo da raggiungere nell'unica vita che, fino a prova contraria, vive l'uomo, cioè quella fisica, materiale, di questo mondo.