sabato 5 luglio 2008

Una critica etica dell'economia politica?

Riprendendo un'importante sollecitazione dell'amico fraterno, nonché brillante scrittore esordiente, Rosario Zanni, ci accingiamo con questo post ad affrontare una questione cruciale: è possibile rinvenire nella critica marxiana dell'economia politica borghese un fondamento etico? Posta in altri termini la questione è: il capitalismo, con il meccanismo di base dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo, è di per sé eticamente censurabile?

Senza volere entrare nello specifico dibattito filosofico sulle categorie della morale e dell'etica, al quale necessariamente rimandiamo per i doverosi approfondimenti, ci preme qui avviare una riflessione che speriamo foriera di ulteriori avanzamenti nel processo avviato di rilanciare un'idea e un percorso di liberazione. Un percorso che non può, non vuole e non deve essere caratterizzato da patetiche difese di ufficio di quanto, nella teoria e nella pratica, ha determinato, dal punto di vista della soggettività storica, l'attuale situazione di sfacelo e impasse, almeno guardando al "piccolo mondo antico" della militanza politica di sinistra nel nostro paese. In questo senso il precedente post sulle questioni dell'etica e del fondamento etico del percorso di liberazione dell'uomo trova nella riflessione sulla possibilità di rinvenire, già in Marx, l'opportunità di criticare eticamente lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo un suo primo approccio concreto.

Il filosofo argentino e teologo della liberazione Enrique Dussel si occupa di questi temi da moltissimi anni. Nel suo Hacia un Marx desconocido. Un comentario de los Manuscritos del 61-63, edito per la prima volta nel 1988 e pubblicato in Italia col titolo "Un Marx sconosciuto" nel 1999 da Manifestolibri, egli afferma: "In questi Manoscritti abbiamo incontrato, per la prima volta, la denominazione (non il concetto) di 'capitale variabile'. Vale a dire la parte componente il primitivo lavoro oggettivato passato nel denaro che si è riprodotto come V (capitale variabile), però è aumentato come p (plusvalore). Il denaro che ha pagato il prezzo della capacità di lavoro nella sua riproduzione ha 'dato' valore dal-nulla del capitale: il lavoro 'vivo' (nella sua reale esteriorità) ha creato valore nuovo per il capitale senza essere pagato per il suo pluslavoro. In questo consiste la perversità (la malvagità etica) dell'essenza del capitale".

Nella sottomissione, assimilazione, incorporazione, totalizzazione del lavoro vivo da parte del capitale si compie sotto i nostri occhi il misfatto e ci abbaglia con la forza della mistificazione. Nell'atto in cui il capitale nega al lavoro vivo la sua esteriorità (rispetto al capitale stesso), lo sottomette e lo trasforma in lavoro salariato, la sua perversità etica si dispiega pienamente. "Un uomo altro, libero, cosciente, autonomo, viene trasformato in una cosa, uno strumento, una mediazione del capitale" , dice Dussel.

Se si approfondisce questo tipo di approccio ci si accorgerà che è possibile costruire tale critica etica all'economia politica per le categorie essenziali di quest'ultima. Sarà possibile allora, per dirla ancora con Dussel, "vedere la continuità tra persona umana del lavoratore, lavoro vivo, capacità di lavoro, salario, plusvalore come furto di vita umana, profitto medio come una certa distribuzione di questo furto di vita umana, determinazione del prezzo di costo[...]. Ossia che Marx può misurare eticamente, o dal lavoro umano, la totalità delle categorie e la realtà economica capitalista, e, partanto, può fare una critica etica di essa (se per 'etica' si intende, giustamente, la critica alla morale stabilita e dominante del capitale)".

7 commenti:

Ciro Brescia ha detto...

In una delle sue ultime interviste Paulo Freyre, fra i più famosi teologi e pedagoghi della liberazione spiega come si è avvicinato al pensiero di Carlo Marx:

http://www.youtube.com/watch?v=pSyaZAWIr1I

Anonimo ha detto...

Socialismo umano e socialismo sovraumano. Se il primo incentra sulle reali condizioni materiali dell'uomo le proprie finalità di principio e di metodo, e da esse parte anche nella propria autoriflessione critica quando fallisce, il secondo assegna alle strutture che genera nei momenti rivoluzionari (stato socialista, partito del popolo, naziolizzazione dei mezzi di produzione, pianificazione economica)un valore superiore ed autonomo rispetto alle contingenze delle individualità. La dinamica delle strutture e delle forme sociali sulla storia individuale, il finalismo dell'idea sulla critica delle contraddizioni.

Anonimo ha detto...

Vedere la continuità tra persona umana del lavoratore, lavoro vivo, capacità di lavoro, salario, plusvalore come furto di vita umana, profitto medio come una certa distribuzione di questo furto di vita umana, determinazione del prezzo di costo[...]. Ossia che Marx può misurare eticamente, o dal lavoro umano, la totalità delle categorie e la realtà economica capitalista, e, partanto, può fare una critica etica di essa (se per 'etica' si intende, giustamente, la critica alla morale stabilita e dominante del capitale)".

Anonimo ha detto...

Vygotskij aveva detto:"la natura psicologica dell'uomo rappresenti l'insieme delle relazioni sociali trasportate all'interno e divenute funzioni della personalità e forme della sua struttura". Se questo è vero allora va da sè che il capitalismo, la società delle classi, è eticamente censurabile. Infatti l'infelicità attuale della maggioranza degli uomini sulla faccia della terra viene dal fatto che ognuno non può sviluppare una psiche di un noi collettivo, ma solo di un io e un loro, al massimo di un noi e un loro. Ove per loro sta quel pugno di uomini e donne che detengono i poteri economici e politici sul pianeta. Per lo sviluppo di una psiche sana e in stato di avanzamento c'è bisogno di un noi collettivo. Una psiche che finalmente produce la felicità del corpo e dell'animo di ogni uomo e di ogni donna.
Ecco che qui scatta la necessità di una trasformazione radicale del capitalismo. Infatti distruggendo questa società non ci saranno più le classi ma l'umanità libera da ogni idea materiale di sfruttarsi tra individui e tra classi, che non ci saranno. Come dicevano alcuni compagni già alla fine degli anni 70 dopo l'Homo Sapiens l'uomo collettivo, o l'uomo comunista.
E' questa la possibilità finale per l'umanità di rendersi la vita piena solo di felicità.

Unknown ha detto...

Ti ringrazio per avermi segnalato il tuo blog, che mi sono letto tutto da cima a fondo. Complimenti! Qui i tempi stanno maturando e mi sembra che stiano maturando alla velocita' della luce, rischiamo quasi di non essere pronti in tempo. Alcune delle cose che si dicutono qui, vengono anche discusse nel forum http://forum.la-sinistra.net/. E' il forum sorto dalle ceneri del forum di "la sinistra l'arcobaleno". A seguito delle elezioni gli amministratori legati ai partiti si sono defilati, ma gli utenti del forum hanno continuato ad utilizzarlo in maniera autogestita. E'un forum aperto un po' a tutte le anime della cosi' detta sinistra diffusa e per questo lo trovo interessante, dai ferrariani ai vendoliani a sinistra democratica, ferrandiani e quant'altro. Ti consiglio di farci un giro, il forum avrebbe molto da guadagnare dalla qualita' delle tue riflessioni e da quelle di chi frequenta il tuo blog.
Piu' teste attorno allo stesso tavolo potrebbero essere un vantaggio per tutti.

Saluti

socialismodelxxisecolo ha detto...

Ringraziamo innanzitutto Daniele per i lusinghieri commenti sulla "qualità delle riflessioni" presenti sul blog. In secondo luogo accogliamo l'invito a visitare il forum da lui segnalato. In terzo luogo lo invitiamo a frequentare il nostro blog e ad interagire con le nostre riflessioni, così come ci ripromettiamo di fare altrettanto col suo blog e quindi invitiamo ovviamente i nostri frequentatori a visitarlo:
http://danielepanzeri.blogs.it.

socialismodelxxisecolo ha detto...

Un commento merita, naturalmente, l'importante sollecitazione che ci proviene da Nicola a proposito delle elaborazioni dello psicologo sovietico Lev Semënovič Vygotskij. Appare del tutto evidente che l'importante acquisizione teorica citata, ovvero il processo secondo il quale la struttura della personalità umana deriva dalle relazioni sociali interiorizzate, è di enorme portata per il nostro discorso sulla felicità. Il "noi" e il "loro" interiorizzato da ciascuno rappresenta lo specchio delle relazioni sociali vigenti, ovvero, come sottolinea Nicola, di una società divisa in classi. Combattere per il suo superamento significa, quindi, dialetticamente fare guerra dentro se stessi alla parte interiorizzata di relazioni sociali che tende a perpetuare quella divisione e far emergere quella che aspira a costruire il "noi", per dirla con Nicola. In altre parole la battaglia tra le forze della felicità e quelle dell'infelicità attraversa l'animo di ciascuno.