giovedì 21 ottobre 2010

La pubblica felicità

muratoripubblicafelicita1In uno dei suoi ultimi contributi, l'articolo Abbondanza frugale  pubblicato su Il Manifesto del 20 settembre 2010, Serge Latouche, noto teorico della decrescita, nel citare "Il progetto di una «economia» civile o della felicità sviluppato soprattutto da un gruppo di economisti italiani (rappresentato principalmente da Stefano Zamagni, Luigino Bruni, Benedetto Gui, Stefano Bartolini e Leonardo Becchetti)", ci ricorda come "tale economia resuscita la «publica felicità» di Antonio Genovesi e della scuola napoletana del XVIII secolo". Lo stesso Luigino Bruni, nel suo Si può essere felici da soli? Su eudaimonia, economia e dono. Intervista a Salvatore Natoli, fa riferimento, nell'introduzione, alla tradizione napoletana citando Muratori, Palmieri e Genovesi.

Non è questo il luogo, né l'obiettivo di questo post, per affrontare i termini del dibattito sul concetto di decrescita. Un dibattito contraddistinto spesso da entusiastiche, quanto a volte superficiali, adesioni alle proposte pratico-politiche ad esso legate o a critiche a volte pregiudiziali, svolte spesso, almeno in una certa sinistra di impostazione marxiana, partendo dall'estraneità del concetto alla strumentazione analitica del marxismo stesso. Né di dar conto dei pur interessanti tentativi di coniugare istanze di decrescita e utilizzo del marxismo, come quello di Badiale e Buontempelli nel loro Marx e la decrescita. Per un buon uso del pensiero di Marx.

Più interessante appare l'indagine su quella felicità pubblica di illuministica memoria, concetto da indagare scientificamente e presupposto concettuale per costruire, nelle mutate condizioni generali dell'attuale epoca storica, la società degli uomini e delle donne integrali. Una società nella quale l'antagonismo tra la dimensione pubblica e quella privata lasci spazio a una dialettica armonica tra essi, poiché, per dirla con Genovesi, "È legge dell'universo che non si può far la nostra felicità senza far quella degli altri".  Quel che è in gioco è la possibilità di far subentrare alla società borghese,"con le sue classi e le sue contrapposizioni di classe", quella che Marx definisce "un'associazione in cui il libero sviluppo di ciascuno è condizione del libero sviluppo di tutti", composta da uomini e donne coscienti e padroni del proprio destino. Avanziamo quindi lungo la strada della felicità pubblica e collettiva, poiché, per dirla col filosofo Remo Bodei, "essere felici da soli è come danzare in un lazzaretto o sulla tolda del Titanic".